L’invecchiamento, questo grande fenomeno che indiscriminatamente coinvolge o coinvolgerà tutti. Invecchiare sulla carta non piace a nessuno a livello di concetto, ma se ci si ferma a pensare, perché? Cioè perché non ci piace, lo abbiamo caricato (perlomeno in occidente) di vari significati negativi, ma per quale motivo? Ci spaventa la perdita delle nostre capacità? Dell’autonomia? Oppure, nella nostra società ci spaventa talmente tanto la morte che l’invecchiare ci richiama questo pensiero per noi inaccettabile, ovvero che prima o poi moriremo?
In effetti la costruzione sociale della realtà, ovvero come la società contribuisce a costruire la visione del mondo, ha relegato l’anziano nel ruolo del peso, di colui che non ha più nulla da dare alla società, del malato. Aspetti assolutamente non edificanti. Ma se ci si fermasse a riflettere, non è un qualcosa di molto funzionale in effetti. Ma perché io società devo alienare da me un qualcosa di naturale e che ha la potenzialità di dare ancora molto?
Cambiare un paradigma negativo
Ma come potremo cambiare questo paradigma poco funzionante? Anche se come umanità intera fossimo d’accordo che da domani si decidesse di cambiare questa visione falliremo. Penso che queste modificazioni debbano inserirsi a partire da azioni semplici e da una fondamentale presa di consapevolezza, un percorso che possa permette all’anziano di modificare la visione che ha di sé stesso che il mondo ha di lui… perché no aiutando allo stesso tempo anche noi, in veste di futuri anziani, a invecchiare efficacemente.
“Il mio essere adulto si basa sul ragazzo e bambino che sono stato così come l’anziano che sarò si fonderà sull’adulto che sono stato.”
Sembra paradossale ma questa semplice frase racchiude una piccola quanto enorme verità, ma spesso siamo consapevoli solo della prima parte e ne ignoriamo la seconda. Nasciamo, facciamo esperienze, ci formiamo e siamo formati e accresciuti da esse, intraprendiamo dei percorsi per diventare un qualcuno o un qualcosa nell’età adulta. Voglio diventare un medico? Andrò a medicina, farò un percorso che mi porterà “da grande” a intraprendere quella professione e quella vita. Quindi si intravede l’intenzionalità e la finalità di questo percorso, ho un obbiettivo e delle modalità per raggiungerlo. D’altro canto l’invecchiare viene vissuto come un qualcosa che accade, per carità è vero che si invecchia, ma viene vissuto come un qualcosa di slegato dalle scelte che si sono fatte nell’arco della propria vita. La vecchiaia come qualcosa da dover subire passivamente.
Questo mi sembra un passaggio chiave nel modificare la visione negativa intorno all’essere anziano! Trasformare il ciò che è “…un qualcosa che purtroppo capita” a un “…sono sempre io al posto del guidatore nel decidere come sarò da anziano”.
Un aspetto che mi sembra fondamentale è lavorare sull’eventuale incongruenza nelle proprie aspettative di come si sarà e cosa si potrà fare da anziani. Ovviamente se mi aspettassi di correre la maratona di New York a 90 anni, come ho visto fare ad un vispo signore alcuni anni fa, ne sarei molto deluso perché è fortemente probabile che non ci riuscirei. Quel signore non si è alzato una mattina e ha deciso di farlo, ma viene da tutta una serie di scelte e di allenamenti che lo hanno reso in grado di riuscirci, magari già correva da adulto, ha continuato a farlo e si è mantenuto in allenamento. Se adesso io smettessi di correre ed allenarmi, senza sorprese piano piano perderei tono muscolare, fiato e resistenza arrivando alla vecchiaia completamente impreparato a sostenere qualsiasi sforzo fisico e rimanendone deluso perché invece mi immaginavo di correre la mia bella maratona, dandomi al contempo però la scusa “eh sono vecchio” in modo da poter negare la mia responsabilità per la propria condizione.
Spunto di riflessione su cui lavorare per invecchiare attivamente
Concluderei questo articolo con un passaggio per me chiave, il divario fra quello che mi aspettavo di essere e come in realtà sono deve essere minimo per rendere la mia realtà quanto più per me accettabile e non distorta per proteggermi da essa che è minacciosa perché rende la mia immagine ideale minacciata.