Chiara è una psicologa costruttivista appassionata di neuroscienze e del cervello. Determinata, innamorata del suo lavoro, capace di mediare in ogni situazione di gruppo.
Si autodefinisce una psicologa pronta a tutto, volenterosa nel trasmettere aspetti della psicologia, in modo particolare quelli riguardanti l'anziano.
Oggi Chiara Usai, è una libera professionista che si occupa di riabilitazione e stimolazione cognitiva e le piace scrivere per far conoscere meglio il suo lavoro.
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Davanti alle modificazioni fisiologiche e ai riequilibri funzionali ai quali la persona deve far fronte nel processo di invecchiamento, è possibile che l’anziano reagisca provando un senso di paura e smarrimento. Queste paure possono trasformarsi in vere e proprie fobie, costringendo la persona a mettere in atto comportamenti di evitamento con conseguenze negative sulla sua autonomia e sul suo livello di benessere percepito.
Talvolta, i segni esteriori che accompagnano il processo di invecchiamento non sono accettati; la comparsa di malattie croniche, pur non essendo invalidanti, può minacciare l’indipendenza della persona anziana che reagisce provando un senso di smarrimento. Inoltre, determinati accadimenti della vita, come la morte del coniuge o l’istituzionalizzazione, costringono l’anziano a sperimentare una condizione di solitudine indesiderata. Di solito, a ritrovarsi da sole sono le donne, considerando la maggiore aspettativa di vita.
I sentimenti di insicurezza e la maggiore vulnerabilità possono prendere il sopravvento e far sì che nell’anziano emergano paure che richiedono ascolto, comprensione e sostegno. Per esempio, a causa della ridotta funzionalità motoria, un anziano potrebbe sviluppare una certa insicurezza nel compiere i tragitti abituali per il timore di cadere. Questo timore potrebbe spingerlo a poco a poco a non uscire più dalla propria abitazione nemmeno per brevi passeggiate, attivando così un circolo vizioso che può portare all’isolamento e a sviluppare, in alcuni casi, agorafobia. Di solito, l’agorafobia si manifesta in seguito ad attacchi di panico o a situazioni di ansia di minore entità accaduti in ambienti sociali. La persona anziana, che può aver provato attacchi di panico in spazi aperti o chiusi ma affollati potrebbe incominciare ad evitare sistematicamente tutti i luoghi, le situazioni e i contesti in cui troverebbe ostacoli qualora necessitasse di essere aiutata, per esempio nella deambulazione etc..
Non è da sottovalutare che la realtà sociale in cui ci troviamo, specialmente nelle aree metropolitane, è percepita dall’anziano come un ambiente avverso e pericoloso. Le frequenti notizie di cronaca riguardanti aggressioni fisiche e/o psicologiche nei confronti di persone anziane possono minare l’equilibrio emotivo facilitando l’insorgenza di nuove paure e insicurezze verso un ambiente nel quale non ritrovano un senso di appartenenza e di continuità.
In alcuni casi, può accadere che le persone anziane mostrino una riattivazione della sintomatologia ansiosa che era rimasta silente durante l’età adulta. Questo accade perché gli eventi presenti potrebbero avere una risonanza emotiva con qualche avvenimento del passato, oppure perché la persona anziana ha la tendenza a rielaborare episodi significativi della sua vita.
Soprattutto nel caso di istituzionalizzazione, la persona anziana potrebbe manifestare segni di ipocondria, attraverso una preoccupazione eccessiva e spesso infondata per aspetti legati alla propria salute fisica e psichica. Questa paura potrebbe indurre la persona stessa ad evitare di chiedere aiuto per timore di perdere la propria autonomia, di diventare un peso e quindi aggravare la sua percezione di dipendenza dagli altri.
Solitamente, la persona anziana riconosce ed è consapevole delle proprie paure mobilitando le sue risorse nel tentativo di promuovere azioni utili ed efficaci per ridurle e trovare soluzioni concrete. Per esempio, in seguito al pensionamento, anziché focalizzarsi sul ruolo lavorativo perduto, la persona potrebbe considerare come visione alternativa l’avere tanto tempo libero a disposizione, scoprire e coltivare interessi per i quali prima non aveva tempo. Ecco perché molti anziani si adoperano per creare nuovi ruoli, per esempio prendendosi cura dei nipoti o iniziando attività di volontariato. Oppure, altre persone trovano sollievo nel frequentare gruppi di anziani con cui condividere reciproche esperienze e consigli sui modi di affrontare la quotidianità.
In alcuni casi, la persona può non essere del tutto consapevole delle proprie preoccupazioni, oppure, pur essendone consapevole, potrebbe non riuscire a mobilitare le risorse necessarie per ribaltare la situazione. In questo caso, è verosimile che l’ansia e le paure si manifestino esclusivamente con sintomi fisici e, la concomitanza con eventuali patologie fisiche, potrebbe rendere difficoltoso comprendere la causa di tali disturbi.
In questi casi, quando si ha a che fare con una persona che manifesta qualsiasi tipo di paura è utile non farla sentire obbligata a superarla. Infatti, è bene tenere a mente che uno dei pregiudizi più diffusi sulla paura è credere erroneamente che sia un sintomo di debolezza caratteriale. Inoltre, se almeno inizialmente, potrebbe sembrare una soluzione valida accudire la persone in tutte le sue esigenze di protezione, accompagnamento ed assistenza, con il tempo potrebbe essere controproducente. Infatti, proteggendola esageratamente è come se si confermasse l’esistenza della sua paura e della sua incapacità ad non affrontare la situazione in modi alternativi.
La dott.ssa Chiara Usai è specialista in "Neuropsicologia delle demenze" ed offre consulenza e supporto psicologico per pazienti e caregiver! Visita il sito web ufficiale per avere un supporto e maggiori informazioni: http://www.chiarausai.it/
La paura nasce dall’impossibilità di vedere le cose in modi alternativi, quindi è importante favorire il fatto che la persona possa parlarne, senza scandalizzarsi e senza sentirsi colpevolizzata (la persona che ha paura ha già una visione negativi di sé stessa), senza veder minimizzato il suo vissuto. L’ascolto è fondamentale per non lasciare la persona da sola, in un momento in cui magari un semplice confronto potrebbe risolvere una buona parte dei timori. Infine, con gradualità, si può invitare la persona a trovare delle alternative utili e concrete che possano sostenerla nell’affrontare, ed eventualmente, superare attivamente la paura.
L’invecchiamento si caratterizza per modificazioni fisiologiche e riequilibri funzionali ai quali la persona deve far fronte. La comparsa di malattie croniche, pur non essendo sempre invalidanti, può influire sulla funzionalità e sullo stato generale di benessere.
È ormai nota la relazione positiva tra attività fisica regolare e invecchiamento attivo.
I cambiamenti socioculturali e l’aumento dell’aspettativa di vita hanno determinato un interesse scientifico crescente nei confronti dell’invecchiamento, ponendo interrogativi su quali fattori possano favorire il benessere in questa fase di vita. Tra questi fattori, riveste un’enorme importanza il tema della sessualità e dell’innamoramento.
La maggior parte delle persone ha senz’altro avuto esperienza del rapporto con genitori anziani e nonni e di come spesso, tale rapporto diventi difficoltoso a causa delle loro continue lamentele.
Nella prospettiva dell’invecchiamento attivo, è interessante osservare la relazione positiva tra l’essere impegnati in attività fisiche e ricreative, svolte con regolarità, e i benefici percepiti dalla persona, sia per quanto riguarda la salute fisica che quella psicologica. La persona anziana, dopo una vita dedicata al lavoro e alla famiglia, nutre il forte bisogno di continuare a percepirsi utile e non abbandonata a se stessa. Infatti, non sono poche le persone in età avanzata che riportano una profonda sensazione di solitudine che, in alcuni casi, può evolvere in stati depressivi più gravi, con tutte le conseguenze che questi ultimi comportano.
Nell’ambito del lavoro di cura, quello svolto dal caregiver familiare è particolarmente oneroso, infatti l’esposizione a fattori di stress cronici, quali disturbi comportamentali, fisiologici e cognitivi del familiare assistito, può portare i caregivers incontro a difficoltà psicosociali e alla messa in atto di comportamenti rischiosi per la propria salute (vedi “Perché il caregiver ha bisogno di aiuto?”). Il caregiver burden è costrutto multidimensionale che si riferisce all’esposizione prolungata a fattori di stress legati al carico assistenziale (burden) a causa dei quali, la salute fisica e psichica, la vita sociale e lo status economico del caregiver familiare entrano in uno stato di sofferenza (De Beni & Borella, 2015).
Attualmente, la famiglia rappresenta un contributo essenziale in termini di cura, infatti molto spesso si verifica la circostanza in cui a prestare cure ad un anziano sia un familiare, spesso un altro anziano (moglie o marito). Quello dei caregivers informali di anziani non autosufficienti è un esercito di 8.5 milioni di italiani, soprattutto donne. Il lavoro di cura informale rappresenta un enorme risparmio per il Sistema Sanitario Nazionale, infatti senza l’aiuto del caregiver familiare, il paziente non sarebbe in grado di badare a se stesso; inoltre, la spesa privata delle famiglie copre gran parte degli acquisiti dei servizi e delle prestazioni, esentando la componente pubblica.
Negli ultimi anni, i miglioramenti nello stile di vita e nella qualità delle cure mediche hanno determinato una progressiva crescita del numero degli individui nella fascia più anziana della popolazione. Di conseguenza, è aumentata anche l’incidenza delle malattie neurodegenerative correlate all’età. Pertanto, risulta sempre maggiore la necessità di interventi di riabilitazione per i disturbi delle funzioni cognitive, affettive, emozionali e comportamentali, tipici in questi quadri clinici.
L’Italia, insieme agli Stati Uniti, Spagna e Giappone, è uno dei paesi con il maggior numero di centenari. Infatti, nell’ultimo decennio la percentuale delle persone che hanno raggiunto il secolo di vita è aumentata esponenzialmente. I dati ISTAT del 2019 contano poco più di 14.000 centenari di cui, l’84% sono donne.